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Immagine del redattoreEmilio

4 maggio 1949, ricordiamo la strage del Grande Torino


Un paio di occhiali, se necessari, un pacchetto di fazzoletti e già che ci siete preparate qualche lacrima, perché una storia così non può che emozionare. Io, ragazzo di vent'anni, una passione per il tennis giocato e il calcio raccontato. La storia di oggi è un connubio tra intelligenza e lungimiranza. Pian piano riviviamo ogni singolo istante di quella maledetta trasferta, il tutto lo faremo seguendo sempre la stessa scia, quella scia chiamata semplicemente Calcio. Il Torino del dopoguerra era la squadra più forte in assoluto, era la squadra che ogni avversario temeva. Non è difficile capire il perché, l'esercito granata era guidato da un genio del calcio, Erbstein, a rappresentare l'armata in campo c'era un certo Valentino Mazzola (Sì, padre di Sandro), il tutto guidato dall'occhio lucido di Ferruccio Novo. Pian piano ci stiamo facendo un'idea di cosa era quel toro? La guerra sembrava essere solo un brutto, o meglio, un bruttissimo ricordo. La vita pian piano sembrava farsi sempre più tranquilla e la gente cominciava a riempire gli stadi. La guerra tra i milioni di strascichi lasciati aveva travolto anche il Filadelfia (13 luglio 1943) così da obbligare il Torino a trasferirsi prima allo Stadio Mussolini poi nelle fasi più concitate, al Motovelodromo di Torino, di Corso Casale. Il Torino dalla stagione 1945/1946 aveva lasciato ben poco alle avversarie, portandosi a casa ben quattro scudetti in quattro stagioni, Beh una buona media direi. Ma arriviamo alla fase critica. Gli occhiali servivano prima, adesso tenete gli occhiali e preparatevi alle lacrime.

E' il 30 aprile 1949, l'Inter era pronto ad ospitare il Grande Torino, ad arbitrare la sfida era stato designato il Sig. Luigi Gemini (Sez. di Roma), un buon numero di spettatori, circa 37.000, e tante emozioni. La partita è finita a reti inviolate, il Torino continuava a macinare risultati utili che volevano dire "scudetto". Beh ragazzi, se il Toro era così forte la nazionale Italiana non poteva non essere composta anche da ragazzi granata. Qualche mese prima l'Italia aveva ospitato il Portogallo, partita dominata dagli azzurri (4-1). A fine partita il Capitano del Benfica, Francisco Ferreira, fermò Valentino Mazzola e gli chiese: "Vorrei organizzare qualcosa di speciale. Vorrei affrontare la squadra più forte, Il Torino". Adesso fermiamoci un secondo, un capitano come Mazzola, abituato a sudare in fabbrica, direbbe mai no ad una richiesta del genere? Dopo mille discussioni viene programmata per il 3 maggio 1949, Benfica-Torino, Stadio Nacional di Lisbona. Si arriva al giorno della partenza, le valigie sono pronte, l'ultimo bacio alle mogli e ai figli e via... direzione Lisbona. Quel 3 maggio più che una partita di calcio è una fiera del gol, a spuntarla è il Benfica del protagonista Ferreira per 4-3, ma il capitano lusitano in questa storia svolge un ruolo di attore non protagonista. Arriviamo a quel 4 maggio, quel maledetto 4 maggio. Il Torino è pronto per tornare a casa, un Fiat G.212 è stato "incaricato" di portare a casa i granata, al comando del trimotore il primo ufficiale, Cesare Biancardi e il comandante Pierluigi Meroni (poi non ditemi che il destino non esiste, racconteremo anche cosa rappresenta quel cognome al Toro). Alle 9.52 il trimotore casa Fiat decolla, alle 13.15 i granata si trovano all'aeroporto di Barcellona per consentire agli addetti il rifornimento di carburante. Alle 14.04, l'inizio dell'ultimo volo di quel Toro, la destinazione sarebbe stata Torino-Aeritalia, ma quella squadra a quell'aeroporto non c'è mai arrivata. Alle 16.55 la Torre di Controllo rispondeva così ai comandanti "Torino calma, visibilità 1200 metri, tempo presente pioggia continua, tempo passato pioggia, nubi basse in tutte le direzioni sopra le montagne, invisibile stazionario. Superga, cielo invisibile, vento a nord a 10 nodi, visibilità 40 metri, tempo presente pioggia, tempo passato pioggia; in tutte le direzione invisibile verso il basso".


Pochi minuti dopo l'ultima chiamata alla torre, confermato l'angolo d'appoggio, saluto e...

Boom... alle 17.03 quel Fiat G.212 si è schiantato contro la Basilica di Superga, causando la morte di 31 persone, quel Torino non poteva perdere se non contro la vita, e così è stato... Scusatemi l'interruzione, mi viene il magone ad immaginare quella scena. Li voglio ricordare tutti, dal primo all'ultimo: GIOCATORI Bacigalupo, Ballarin, Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert. DIRIGENTI Agnisetta, Civalleri, Bonaiuti. ALLENATORI Erbstein, Lievesley, Cortina. GIORNALISTI Casalbore, Tosatti, Cavallero. EQUIPAGGIO Meroni, Biancardi, D'inca, Pangrazzi. Ho voluto scrivere i 31 nomi, ma avrei potuto dire: Il Grande Torino

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